lunedì 18 maggio 2015

REQUIEM PER PIANOFORTE A QUATTRO MANI AL LAZZARETTO

Il Requiem Kv 626, per l’impatto emotivo che emana dalla geniale scrittura musicale, è considerato un caposaldo della storia della musica. La pratica di trascrivere grandi opere sinfoniche per pianoforte si diffonde nei primi anni dell’ottocento allorché il pianoforte stava emergendo come il principe della poetica romantica. Queste “rielaborazioni” miravano da un lato ad esplorare tutte le risorse tecniche, timbriche e dinamiche dello strumento di inizio ottocento, dall’altro a diffondere presso il grande pubblico repertori che potevano essere ascoltati solamente in rare occasioni, data la dilatazione degli organici orchestrali richiesti.
In questo filone si colloca la trascrizione del Requiem di Mozart da parte di Carl Czerny (1791-1857) il
quale, lasciando inalterate le parti corali e solistiche di Mozart/Süssmayr, opera una vera “sostituzione” dell’orchestra con il pianoforte, assegnando a questo una propria, autonoma dimensione stilistica. Carl Czerny, già allievo di Ludwig Van Beethoven (1770-1827), fu eccezionale pianista e illustre didatta.
Chi conosce solamente la versione originale potrebbe rimanere perplesso di fronte ad una esecuzione del Requiem in cui l’orchestra viene sostituita dal pianoforte, sia pure a quattro mani! Eppure, proprio il diverso rapporto dinamico e timbrico tra il pianoforte il coro e i solisti, restituisce il Capolavoro secondo una forma nuova, quasi “cameristica” ; un clima diverso, tale da rivelarci particolari, forse, nuovi e mai uditi.
E’, questo, l’ “afflato ri-creatore”, cioè quella condizione impalpabile propria del linguaggio musicale che
interviene – o dovrebbe intervenire – ogni qualvolta ci si accinge ad eseguire e ascoltare qualunque
musica, anche la più conosciuta, e che ci permette, nuovamente, di provare intimo godimento. (Diego Bonato)

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